I fattori di rischio per tali neoplasie sono di tipo:
Ambientale
• Età > 50 anni;
• Dieta ricca di grassi e proteine, povera di fibre e micronutrienti;
• Obesità;
• Assunzione di Fumo/alcool ;
Genetici
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Poliposi Adenomatosa Familiare (FAP): caratterizzata dalla presenza di numerosissimi polipi adenomatosi (>100), localizzati soprattutto a carico del colon sinistro. I polipi non sono presenti alla nascita, ma si sviluppano dall’adolescenza, superando in diversi casi il numero di mille. Tutti i soggetti affetti da questa patologia sono destinati a sviluppare nell’arco della loro vita un carcinoma del colon-retto;
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Sindrome di Gardner: è simile ma meno frequente della PAF (1 su 14.000 nascite); è caratterizzata dalla copresenza di polipi dell’intestino tenue, di tumori desmoidi del mesentere e della parete addominale, di lipomi, di cisti sebacee, di osteomi e di fibromi; è una malattia autosomica dominante.
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Sindrome di Lynch: È una forma ereditaria di tumore al colon con trasmissione dominante; diversamente dalla poliposi adenomatosa familiare, la predisposizione allo sviluppo della malattia non si manifesta con la comparsa di polipi, ma direttamente con lo sviluppo del cancro del colon – retto, in genere intorno ai 45 anni di età
Infiammatori
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Rettocolite ulcerosa
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Morbo di Crohn
SINTOMATOLOGIA E DIAGNOSI
Il sanguinamento è probabilmente il sintomo più comune; nonostante la causa più comune di ematochezia sia la patologia emorroidaria, non va sottovalutato, specialmente nei soggetti di mezza età o più anziani. Il secondo sintomo più frequente è il cambiamento dell’alvo, con costipazione o diarrea. Il dolore addominale può essere vago e scarsamente localizzato, o più intenso nei casi di lesioni parzialmente ostruttive. Meno frequente è la mucorrea, che può ricoprire le feci o essere mescolata ad esse. L’anemia da carenza di ferro è una complicanza riconosciuta del carcinoma del retto; la mancata investigazione dell’anemia nei pazienti più anziani può portare ad un ritardo nella diagnosi. Di conseguenza, la diagnosi precoce è fondata sullo screening, indirizzato ai pazienti con età superiore ai 50 anni, e al successivo approfondimento dei pazienti con risultati positivi dei test di screening. La raccomandazione corrente è basata sulla combinazione del test del sangue occulto fecale e sulla pancolonscopia a fibre ottiche. La scansione TC dell’addome (e del torace) è utile come indagine di stadiazione preoperatoria, ma non come esame diagnostico di I livello; infatti la TC ha una bassa precisione nell’identificazione delle fasi iniziali del carcinoma colorettale. La scoperta iniziale di un antigene specifico per il tumore del colon di Gold e Freedman, aveva fatto presagire una nuova era nella diagnosi precoce della patologia; tuttavia, la determinazione sierica del CEA ad oggi ha un valore nel follow-up oncologico del paziente, ma non nella diagnosi iniziale.
Di fondamentale importanza nel carcinoma rettale, è la stadiazione preoperatoria; è necessario infatti indagare l’entità dell’infiltrazione parietale della neoplasia, e l’eventuale coinvolgimento linfonodale del mesoretto o l’infiltrazione delle strutture adiacenti, per poter eventualmente sottoporre il paziente a terapia neoadiuvante, allo scopo di migliorare l’outcome prognostico, e ridurre l’incidenza di recidive locoregionali (vedi terapia neoadiuvante). È quindi necessario eseguire una RMN pelvica, o una ecoendoscopia per selezionare la migliore terapia successiva.
La radioterapia preoperatoria del carcinoma rettale, da sola o in associazione alla chemioterapia, è utilizzata nella malattia a rischio medio-alto, con le finalità di migliorare la resecabilità chirurgica della malattia, ridurre la probabilità di recidive locali dopo chirurgia, incrementare le probabilità di salvataggio dello sfintere e migliorare la sopravvivenza globale del paziente. Esistono due schemi possibili:
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La prima modalità prevede l’erogazione totale di 45-50,4 Gy (25-28 sedute complessive, erogate mediante 5 frazioni settimanali), ed è nota come schema di trattamento “longcourse”. Essa è generalmente associata a chemioterapia con fluoropirimidine ed è seguita da intervento chirurgico dopo 6-8 settimane dal termine della RT;
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La seconda modalità, definita “short-course” o ipofrazionata, prevede l’erogazione di frazioni giornaliere fino alla dose totale di 25 Gy (in 5 sedute complessive erogate in una settimana), senza l’associazione con chemioterapia concomitante ed è seguita dall’ intervento chirurgico entro 2-3 giorni. La modalità short-course ha una variante, affermatasi negli ultimi anni, che prevede una chirurgia posticipata di 6-8 settimane, alla stregua della long-course. Quest’ultima offre i vantaggi della minore durata, della maggiore economicità del trattamento e del minore impegno di risorse, con la possibilità di una riduzione volumetrica del tumore, grazie all’ intervallo temporale maggiore fra terapia e chirurgia, necessario perché si estrinsechino gli effetti tumoricidi.